Lo scorso mese un nuovo gioco indipendente si è unito alla raccolta di Square-Enix Collective. Stiamo parlando di Deadbeat Heroes che il 10 ottobre è stato ufficialmente rilasciato su Steam e Xbox One. Lo abbiamo testato sia nella beta riservata alla stampa, sia nella sua versione definitiva (quella ad oggi disponibile sugli store digitali) per verificarne a fondo le differenze. Vediamo quindi insieme il risultato con la nostra recensione.
Versione testata: PC Windows
La trama è molto semplice e vede una mini organizzazione di eroi scontrarsi con una banda di supercriminali nelle strade di una Londra anni ’70. Seguendo gli “ordini” di un certo Captain Justice, il nostro piccolo manipolo di protagonisti dovrà affrontare livello dopo livello, armato di una sorta di guanto magico, nemici sempre diversi. Questa che è l’unica arma che avremo a disposizione ci permetterà di sferrare potenti pugni e combo devastati completate da brutali attacchi finali. Il tutto si svolge in un mix di cliché, stereotipi e giochi di parole spesso divertenti.
Deadbeat Heroes è sviluppato ad aree, ognuna delle quali prevede due capitoli da tre quest e un boss. Terminando una missione, si sblocca la successiva e solo completandole tutte sarà possibile affrontare il super cattivo di fine livello. Nella versione beta del gioco, ad ogni sconfitta di un eroe era necessario ripetere una delle tre sfide e, una volta messi tutti fuori gioco, si doveva ricominciare da zero l’intero capitolo. Questo non accade più ed è possibile semplicemente riprovare fino a quando non si riesce a vincere. In generale questa soluzione riduce, anche se in minima parte, la difficoltà del gioco, andando però a risolvere quel problema di frustrazione dovuto al rigiocare più e più volte lo stesso identico contenuto nel giro di pochi minuti.
Deadbeat Heroes è sviluppato come un picchiaduro, o meglio ancora come un brawler, a tre dimensioni con visuale dall’alto. Già al solo pensare al tipo di gioco che stiamo analizzando emerge uno dei primi grandi difetti, la poca varietà.
Questa caratteristica riguarda un po’ tutti gli aspetti, dai combattimenti alla storia e passando per le ambientazioni. Le combo, ad esempio, sono monotone e ripetitive, unicamente basate sul far rimbalzare in aria i nemici e tempestarli di botte prima che cadano al suolo. Anche i vari criminali che affronteremo, sebbene siano diversi con molteplici attacchi a disposizione, risultano scontati poiché le strategie per affrontarli sono pressappoco le stesse. In questo modo ci rendiamo conto che la difficoltà è data più dal caos delle orde a cui dovremo sopravvivere che da un’intelligente implementazione di ogni sicario presente. Lo stesso discorso si applica anche ai mini-boss e, a maggior ragione, ai super cattivi di fine capitolo che, spesso e volentieri, sono eccessivamente semplici.
Una co-op locale a due giocatori è messa a disposizione da Deadbeat Heroes, modalità che però non ci ha convinto troppo. Giocare da soli o in compagnia non altera la struttura dei livelli o il numero di nemici da battere, portando un ingente aiuto praticamente gratis. L’unico prezzo da pagare consiste nella maggiore confusione che si creerà, con un feeling non proprio riuscito.
Come abbiamo detto a più riprese, la difficoltà del gioco non è particolarmente elevata, almeno per quanto riguarda il solo completamento di una quest. Per ottenere un ranking elevato, che è un requisito fondamentale per sbloccare il boss di turno, sarà necessario che il giocatore si impegni a schivare come non mai realizzando combo superbe e lunghe. Si tratta di operazioni non proprio semplici a dirla tutta, che caratterizzano probabilmente l’unica sfida offerta dal titolo
Deadbeat Heroes permette anche di personalizzare un minimo i propri eroi. Fondamentalmente sarà possibile modificare il travestimento ottenibile in combattimento con i soldi datici dai cittadini salvati durante le nostre spedizioni. Questi ci permettono di avere, per un tempo limitato, dei super attacchi estremamente efficaci a nostra disposizione. Alcuni sono eccessivamente potenti rispetto ad altri ed è possibile dropparli tutti dai miniboss corrispondenti all’interno dei vari stage.
Lo stile artistico del gioco è sì visibilmente piacevole, ma resta per tutto il tempo anonimo e facile da dimenticare. Il fascino degli anni ’70 da solo non è sufficiente a compensare la monotonia delle texture, delle animazioni e delle ambientazioni che fa sembrare il tutto stantio dopo nemmeno un’ora di gioco. Buono invece il risultato raggiunto dalla colonna sonora, accattivante e piacevole da sentire. Riesce così a risollevare da sola il comparto artistico di tutta la produzione dando un po’ di brio all’intera esperienza che, come abbiamo visto, pecca su veramente tantissimi aspetti.
Su PC il titolo è ovviamente fluido con 60fps fissi grazie a requisiti di sistema molto bassi e alla portata di chiunque. Interessante è anche il supporto integrato a Twitch che purtroppo, per problemi di banda a nostra disposizione, non abbiamo potuto testare.
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