I momenti più emozionanti nei giochi di Dragon Ball sono quelli in cui gli sviluppatori si sono presi delle licenze, inventando nuove storie e personaggi. Andiamo alla scoperta dei migliori What-if videoludici della serie.

Conosciamo Dragon Ball a memoria. È inevitabile, dopo il bombardamento mediatico che l’opera di Akira Toriyama ha portato avanti negli anni: svariate edizioni e riedizioni del manga, repliche a getto continuo su Italia 1 e – soprattutto – le varie story mode dei videogiochi tratti dalla serie. Con delle premesse così era inevitabile finire ad affezionarsi a tutto quello che devia dalla strada originale per proporre delle variazioni a cui i fan si attaccano disperatamente, alla ricerca di una boccata d’aria fresca che fino a Dragon Ball Super si trovava solamente in questi What-If e in qualche progetto amatoriale come Dragon Ball Multiverse.

Piccolo che si fonde con suo padre? Cell che assorbe Crilin? I tie-in videoludici di Dragon Ball ci hanno regalato anche questo, nel corso degli anni

 

Ma quali sono i What-If di Dragon Ball migliori (e dove possiamo giocarli)?

 

Domanda non semplice, visto che definire il materiale a disposizione “abbondante” sarebbe probabilmente uno degli eufemismi più grossi dell’anno. Già prendendo il solito e mai troppo lodato Dragon Ball Z: Budokai 3 ci si imbatte in deviazioni continue, da un Vegeta capace di raggiungere il Super Saiyan prima dell’odiato rivale (ma di prendere comunque la sua brava dose di mazzate) a uno scontro tra Gotenks e Gogeta. Qui di seguito abbiamo raccolto quelli che – quantomeno a memoria – sono i più interessanti da vivere pad alla mano, vuoi perché ben sviluppati a livello di storytelling o semplicemente perché gasano all’inverosimile tutti quei giocatori che, in un dopo-pranzo di qualche anno fa, hanno alzato le mani per permettere a Goku di sconfiggere Majin Bu con l’Energia Sferica la Genkidama.

Dragon Ball Z: Shin Budokai 2
E iniziamo proprio con uno di questi, visto che Shin Budokai 2 (arrivato negli Stati Uniti come Shin Budokai: Another Road) non è sicuramente da annoverare tra i What-If più brillanti regalatici dalla serie.

Ma d’altra parte c’è Gohan del futuro – si, quello della timeline di Trunks – che viene potenziato dal Dai Kaiohshin.

Shin Budokai 2 è un gigantesco What-If
La storia infatti è ambientata proprio nella timeline di Trunks, quella in cui in pratica sono morti tutti e gli androidi hanno devastato la Terra… Finché Bulma e suo figlio non hanno deciso di giocare ad una versione più giapponese e karateka di Terminator. Cosa è successo in quella linea temporale a Babidi e Bu? Prima che ci pensasse il manga di Dragon Ball Super lo scenario era stato sviscerato proprio da Shin Budokai 2, andando a confezionare quello che è probabilmente il What-If più corposo mai inserito in una cartuccia videoludica di Dragon Ball (o meglio, su UMD, visto che si tratta di un’esclusiva PlayStation Portable).  Un What-If che inciampa di tanto in tanto, per esempio mostrandoci un Vegeta che – di nuovo – cede al controllo mentale di Babidi e si trasforma nel suo alter ego demoniaco, ma che d’altra parte dispensa diversi momenti emozionanti. Come appunto Gohan del futuro che scalcia i c*li sullo schermo da 4 pollici di PSP.

Il tradimento della Bellezza
 E se Zarbon ottenesse l’eterna giovinezza?
Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 2 è un titolo abbastanza sfortunato, a ben pensarci. All’uscita andava a migliorare enormemente il primo capitolo della trilogia sviluppata da Spike, ma solo un anno dopo – nel 2007 – Tenkaichi 3 ne spazzava via il ricordo, facendo perno su uno dei roster più imponenti mai visti in un gioco di Dragon Ball fino a quel momento. Quando si stila una classifica dei migliori titoli videoludici della serie, viene in mente il terzo capitolo di Budokai Tenkaichi piuttosto che il secondo: un peccato, visto che non mancava qualche trovata interessante. Tipo? Tipo quella che stiamo per andare a descrivere, una storyline alternativa in cui Zarbon e Dodoria, su Namek, decidono di tradire Freezer e rivendicare i desideri delle Sfere del Drago di Porunga per loro.

 

Se avete prestato attenzione al sottotitolo, però, avrete immaginato che all’energumeno fucsia le cose non andranno benissimo.

 

Zarbon tradisce il compare in nome della Bellezza Eterna, che vuole ottenere disperatamente dal Drago namecciano. Così disperatamente da avvisare Cooler delle manovre di Freezer sul pianeta e istigare uno scontro fratricida tra i due – va beh, c’è da dire che non erano il prototipo dell’allegra famigliola… – e mentre questo si svolge andare sulla nave del tiranno, far fuori Guldo (rimasto lì di guardia) e recuperare le cinque sfere in suo possesso. Inaspettatamente il piano riesce, e Zarbon riesce anche a convincere Dende (che preferisce accontentare lui rispetto all’avere un Freezer immortale in giro per lo spazio) ad esaudire il suo desiderio. Gli altri due? Il primo, come nell’opera originale, viene usato per riportare Piccolo in vita, mentre il secondo teletrasporta tutti i buoni presenti su Namek indietro sulla Terra. Freezer però si accorge della presenza del Drago e del tradimento, e nemmeno l’improbabile team-up con Goku – che era ancora in viaggio verso il pianeta natale di Piccolo – riesce a ribaltare le sorti: Zarbon, per quanto sia eternamente giovane, non è abbastanza forte per Freezer. Finirà male: Goku viene riportato a casa utilizzando le sfere terrestri, mentre Zarbon morirà perché lo scontro tra Freezer e Cooler è tale da distruggere il pianeta Namek.

Un Androide affezionato
Terminator, ma con il Dr. Gero al posto di Skynet
Lo si diceva poco più su, il selling point di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3 è la presenza di tantissimi personaggi tratti dalla serie, anche i più improbabili. Un esempio su tutti? L’Androide numero 8 – Ottone, come lo ribattezza Goku nell’adattamento del manga italiano – ripreso dalla prima serie dell’opera. Come verrà spiegato poi da Toriyama durante la Saga degli Androidi in Dragon Ball Z, si tratta di una delle prime creazioni cibernetiche del famigerato Dr. Gero (che poi costruirà anche dei modelli più avanzati puramente robotici, come lo sfortunato 19), dotato però di un animo gentile e decisamente contrario all’utilizzo della violenza. Perché ne stiamo parlando? Beh, perché poco fa quando accennavamo a Terminator ci siamo dimenticati di dire che effettivamente Budokai Tenkaichi 3 ha riadattato davvero la pellicola di James Cameron

 

Dragon Ball Z what-if

I’ll be back

 

Il Dr. Gero – sempre lui – decide di mandare indietro nel tempo l’Androide numero 16 per eliminare Sarah Connor Goku, inviandolo proprio quando il saiyan sta distruggendo la Muscle Tower del Red Ribbon. Al numero 8 tocca il ruolo di Kyle Reese (non nel senso che deve generare un piccolo John Connor con Goku, ma perché deve proteggerlo dalla minaccia).

Un aiuto inaspettato
Un altro esempio di personaggi secondari ripescati? Devilman che combatte contro Freeer e Cold. Goku è ancora in viaggio dopo aver combattuto vinto su Namek, ma il Tiranno è già sulla Terra ed è pronto a devastarla, assieme a suo padre. A questo punto ci si aspetta l’entrata in scena di Trunks, ma per qualche motivo (è la timeline in cui è stato ucciso da Cell prima di tornare indietro?) il figlio di Vegeta non si presenta, lasciando la salvezza della Terra nelle mani del combattente più esperto al soldo della Vecchia Sibililla.

Per fortuna la sfida non è così a senso unico come potrebbe sembrare

Dopotutto Devilman ha a disposizione il suo Raggio Akkumite, capace di utilizzare la malvagità dell’avversario fino a distruggerlo. Non una trama particolarmente complicata, ma un ottimo esempio di come andare ad omaggiare elementi della serie classica – ad uso e consumo dei fan storici di Dragon Ball – e dar spazio a personaggi decisamente secondari o passati in secondo piano nel corso degli anni. E a questo proposito…

Il vero namecciano senza nome
Piccolo che combatte alla pari con Super Bu
Dragon Ball FighterZ non è il primo giro di valzer che la serie di Toriyama ha concesso ad Arc System Works, ma si tratta in realtà del terzo incontro tra gli sviluppatori di Guilty Gear e Dragon Ball. Prima ancora di Extreme Butoden su 3DS Arc System aveva confezionato, su un improbabile Game Boy Advance, un capitolo videoludico destinato ad entrare nella storia del franchise proprio per alcune delle sue What-If stories, Supersonic Warriors. La più clamorosa? Difficile, ma probabilmente pistola alla tempia chi sta scrivendo direbbe quella dedicata a Piccolo. Dopo uno scontro con il Majin Bu grasso (da cui esce con le ossa rotte) il namecciano è perplesso. Dopo l’unione con Dio non dovrebbe avere rivali, e dovrebbe essere in grado di competere con tutte le minacce che prendono di mira il pianeta di cui una volta era il guardiano, eppure non è così.  A ben pensarci però è logico: l’unione con Dio non ha riportato integro il namecciano senza nome originario, il genio del clan del Drago che era arrivato sulla Terra per sfuggire alla crisi di Namek… Piccolo non è il Grande Mago Piccolo, dopotutto, ne è solo il discendente più diretto.

 

 

La soluzione è semplice: bisogna riportare in vita il Grande Mago Piccolo originario, sfruttando le sfere del drago namecciane, e costringerlo all’assimilazione in modo da creare finalmente il guerriero di cui la Terra ha bisogno. Dopo l’unione (nel mentre, Majin Bu è mutato assumendo la forma di Super Bu, più adatta al combattimento) Piccolo è finalmente in grado di competere alla pari con la creatura di Babidi, ma come nel caso dello scontro con l’Androide 17 questo non basta. Bu è in grado di rigenerarsi, e una forza pari alla sua non è sufficiente ad eliminarlo. È qui che, idealmente, Arc System va a chiudere il cerchio. Come? Facendo utilizzare al namecciano senza nome la Mafuba, la tecnica della Scuola della Tartaruga che anni e anni prima aveva sigillato il Grande Mago Piccolo.

La storia continua, poi, con un capitolo bonus ambientato qualche anno dopo: in questa ennesima variazione quando Gotenks scappa dalla Stanza dello Spirito e del Tempo con il suo urlo dimensionale finisce in questa timeline alternativa, libera per errore Bu e con l’aiuto di Piccolo lo elimina definitivamente.

La Squadra Vegeta
Ma non sono mancate variazioni meno impegnate, anzi. Se per caso vi venisse la curiosità di sapere come sarebbe la Squadra Ginyu se il capitano fosse Vegeta, Dragon Ball: Raging Blast risponde a questo interrogativo. Inizia tutto dalla voglia improvvisa del capitano – Ginyu, ovviamente – di aggiungere un sesto membro a quelli che de facto sono i Power Rangers delle truppe di Freezer, perché ritiene che il team sia troppo debole. Le cose però degenerano quasi subito: dopo aver “provinato” sia Zarbon che Dodoria, le due guardie scelte del loro datore di lavoro, Ginyu si fa prendere la mano e sottopone al suo testo Burter, Jeice e Guldo. I tre vengono pesati, misurati e trovati mancanti, e di conseguenza licenziati senza troppi complimenti.

 

Di nuovo, se siete dei lettori attenti vi sarete accorti che non abbiamo ancora citato Recoome (altrimenti sul serio, e prestateci un attimo di attenzione!).

 

Toccherà proprio al rosso difendere l’onore dei suoi compagni più o meno caduti, ma prima che le cose si mettano troppo male per lui interviene a sorpresa Vegeta. E sarà proprio Vegeta, alla fine, ad uscire vincitore dallo scontro, diventando il Capitano della neonata Squadra Vegeta. Il suo primo atto ufficiale? Mettere al bando tutte le pose da combattimento riciclate dal genere Super Seintai, ovviamente.

Quella volta che Cell ha assorbito Crilin
Il primo Dragon Ball Z: Budokai è una cosa francamente dimenticabile, tanto che non si capisce nemmeno perché sia stato inserito a suo tempo nella Budokai Collection per PS3 e 360 – se non per funestare un paio di pomeriggi a tutti quegli schiavi dell’editoria costretti a recensire il titolo. In mezzo a tanto vabbè però c’è una chicca nascosta, primo esempio di come Dimps sapesse il fatto suo quando si parla di videogiochi di Dragon Ball: un What-If improbabile in cui Cell assorbe Crilin per errore, ottiene una nuova trasformazione che lo rende oltremodo debole e rischia di prendere le botte da Yamcha.

 

 

Un What-If inaspetato, in anni dove il concetto stesso di What-If in Dragon Ball non esisteva
Le cose vanno più o meno come le ricordavamo, fino all’assorbimento da parte dell’Androide definitivo (che in realtà, più correttamente, è un Bio-Combattente) del Numero 17. Riassumendo quindi 16 rischia la distruzione e 18 rischia a sua volta di essere assorbita, ma ecco che interviene Crilin a salvare la sua (futura) bella. Con il risultato di venir risucchiato dall’ultima creazione del Dr. Gero, che perde diverse spanne in altezza e assume il colorito arancione tipico delle divise della Scuola della Tartaruga. Cellin – nome non ufficiale di questa bizzarra forma – si trova a dover combattere con Yamcha, unico Guerriero Z che nella Saga degli Androidi non ha il suo momento di gloria. E le cose restano così, visto che alla fine la spunta Cellin e l’ex bandito del deserto è sul punto di tirare di nuovo le cuoia (dopotutto, Cell poteva mai essere da meno rispetto ai Saibamen?). A salvare la situazione, come nella serie originale, interviene Tenshinhan, che con il suo nuovo Shin Kikoho elimina Cell aprendo crateri quadrati nonostante i raggi che spara siano triangolari.

Alla fine però si scopre che, come nelle migliori sitcom, si tratta solo di un sogno di Cell, appisolatosi mentre stava preparando il ring per il Cell Game.

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