Guido Avitabile

Speciale Stranger Things 2 – Il Sottosopra colpisce ancora

Should I stay or should I Go now?
If I go, there will be trouble
And if I stay it will be double
So come on and let me know
Should I stay or should I Go?

Da quando è arrivato anche in Italia due anni fa, Netflix ci ha sempre saputo stupire con serie di qualità e prodotti ottimi, tra i quali spiccano BoJack Horseman e Narcos (per citarne due che abbiamo trattato), passando per i prodotti Marvel, e per serie che fanno subito breccia nel cuore dello spettatore: vuoi per il  citazionismo anni ’80, vuoi per la cura dei personaggi, vuoi per un cast davvero di talento, è difficile trovare qualcuno che non si sia innamorato di Stranger Things.
E devo ammetterlo, questa volta sono uno di quelli che è arrivato tardi: sono freschissimo dalla visione della prima stagione (circa due settimane fa) che mi ha decisamente convinto e lasciato trepidante per il seguito scritto sempre dai fratelli Duffer, disponibile sulla piattaforma di streaming dallo scorso Venerdì. Neanche a dirlo mi sono guardato tutte e nove puntate di questa seconda corsa in meno di ventiquattro ore, per poterne parlarvene prima di partire per Lucca Comics and Games 2017 (in cui saranno presenti anche alcuni attori del cast).

Con questa opinione di pancia cercherò di non scendere troppo nel dettaglio della trama ma si concentrerà su altri aspetti quindi se non volete rovinarvi nulla del vostro ritorno a Hawkins, salvate l’articolo nei segnalibri del vostro Browser, e tornate a leggerci dopo i titoli di coda dell’episodio nove, magari mentre in sottofondo guardate Oltre Stranger Things (sette puntate da venticinque minuti di tavola rotonda con gli attori, presentate dall’irresistibile Jim Rash).

Hawkins un anno dopo (circa)
È passato circa un anno dagli eventi della prima stagione, e la vita dei ragazzini di Hawkins  è ricominciata a scorrere, tra partite in sala giochi e lezioni a scuola. Purtroppo le ferite  emotive difficilmente si rimarginano, e Will (Noah Schnapp) non si è ripreso dal periodo passato nel Sottosopra, soffrendo di visioni fin troppo realistiche, sua madre (Winona Ryder) cerca di proteggerlo tenendolo sott’occhio, mentre nel frattempo si è trovata un nuovo compagno (Sean Astin). Anche Mike (Finn Wolfhard) non si è rassegnato alla sparizione di Eleven (Millie Bobby Brown),  sperando ogni sera che la ragazzina dai poteri psichici gli risponda. La ritroviamo al fianco di Jim Hopper (David Harbouor)  intenzionato a far di tutto per proteggerla, anche tenerla  nascosta ai suoi amici.
Quando l’ennesima visione di Will  prende il sopravvento, gli abitanti di Hawkins si troveranno ad affrontare  una nuova minaccia proveniente dal Sottosopra, e questa volta fuggire non sarà così semplice.

Stranger Things 2 pone ovviamente le basi su quanto visto nella prima stagione, amplificando tutti gli aspetti forti della produzione, e strizzando un po’ meno l’occhio alle citaizoni anni ’80, mettendole principalmente sullo sfondo e  all’interno dei dialoghi. Citazioni meno invasive che fanno sorridere ma lasciano allo stesso tempo  la possibilità di brillare ai protagonisti, anche quelli magari messi in secondo piano lo scorso anno. Grande spazio a Will, che viene approfondito ben più del semplice “È il ragazzino scomparso“, e evoluzione anche per il personaggio di Lucas (Caleb McLaughlin) grazie anche all’introduzione di Max (Sadie Sink) la rossa new entry del gruppetto. Non solo,  praticamente ogni protagonista ha il suo momento di luce e di ombra, da Dustin (Gaten Matarazzo) colpevole di accudire qualcosa di fin troppo pericoloso, a Mike, inizialmente distaccato perchè non può più contare su Eleven, ma che supera il senso di inutilità quando si riavvicina a Will e decide di aiutare a salvarlo per una seconda volta. Anche il gruppo di adolescenti fa passi avanti nella crescita dei personaggi: da Nancy (Natalia Dyer) e Jonathan ( Charlie Heaton) che capiranno cosa provano l’uno per l’altra a Steve (Joe Keery) che riesce finalmente a brillare dando sfogo a tutte le qualità del proprio personaggio (e divenendo protagonista di alcuni dei momenti migliori della seconda serie) grazie anche alla rivalità con Billy (Dacre Montgomery) fratellastro sociopatico di Max e vero e proprio antagonista umano nella vicenda.

Stranger Family
Quello che però mi ha colpito di più in questa seconda stagione di Stranger Things è sicuramente il legame affettivo che ormai unisce due dei miei personaggi preferiti Hopper e la piccola Eleven. ogni scena nella baita della foresta è carica di enfasi ed emozione e Millie e Harbour hanno un’alchimia convincente e adorabile. È impossibile non notare come entrambi servano all’altro per migliorarsi e  maturare, e da come si chiude la serie, il tutto è riuscito in maniera eccezionale. La personalità di Jane cresce, mentre cerca le sue origini, con tanto di un episodio dedicato solamente a lei (il sette: The Lost Sister), una sorta di via secondaria che  devia l’attenzione dalla trama principale ad Hawkins, mostrandoci la vita nella metropoli (con immancabile citazione a The Warriors).

Gli altri episodi scorrono veloci come già visto nella prima stagione, con il giusto ritmo, una narrazione serrata condita da dialoghi ben scritti e recitati (particolar plauso a quello dedicato ai Ghostbusters) , ricchi ancora una volta di citazioni e senza farsi mancare neppure qualche cliché telefonato a spezzarne la perfezione. Il tutto con a sfondo gruppi che han fatto la storia come i The Police, i Joy Division, Bon Jovi e Olivia Newton John, che non solo aiutano a rafforzare l’atmosfera anni ’80 della produzione Netflix. La regia gioca sapientemente con le inquadrature e i movimenti di telecamera per trasportare lo spettatore sia ad Hawkins che nel sottosopra, il tutto condito con una CGI onesta per una produzione televisiva.

Stranger Things si conferma una serie stupenda, dal punto di vista dell’intrattenimento puro. Se avete amato la prima, ritroverete in questa seconda stagione un’ottimo prodotto ben confezionato e con dei tempi narrativi quasi perfetti. Una produzione capace di farvi empatizzare coi personaggi, di farvi tifare per loro e di tenervi incollati fino all’ultimo fotogramma, con quella voglia di volerne ancora che ti assale una volta consumato fino in fondo un media. Forse non è ai livelli della prima stagione, ma resta nettamente un buon prodotto, con un focus sui rapporti tra i vari personaggi e l’evoluzione di gran parte di questi. Fortunatamente i fratelli Duffer sono già al lavoro su una terza stagione, che speriamo non tarderà ad arrivare il prossimo anno, amplificando ulteriormente l’ottimo lavoro fatto finora.

#LiveTheRebellion