Quando un vampiro diventa solo un pretesto per parlare di temi molto più profondi e importanti

 

La prima cosa che si è portati a pensare, quando si sente parlare di un film sui vampiri, è che probabilmente sarà un film horror con determinati contenuti e che farà leva su determinati archetipi della letteratura mondiale. Portate un vampiro nel mondo contemporaneo, e l’accostamento quasi naturale è ormai quello con la serie The Vampire Diaries o con la saga di Twilight (con un evidente dominio del secondo sul primo). Finché si tratta di realizzare un film ridotto a un pubblico giovane, tali punti di riferimento possono anche essere soddisfacenti, e ne abbiamo visto un esempio giusto nei giorni scorsi con L’Odio Che UccideVampire, altra produzione della collana Midnight Factory pubblicata da Koch Media, insegna che questi limiti possono essere oltrepassati. E anche ampiamente.

Diretto dal regista giapponese Shunji Iwai nel 2011 e mai giunto nelle sale cinematografiche nostrane, Vampire sfrutta l’abusato (e amato) tema del vampirismo per raccontare una storia ben più complessa di quanto non sembri in principio. Una sorpresa che sinossi e locandina (qui sotto) non sarebbero mai riusciti a comunicare con così tanta forza.

 

La storia che non ti aspetti
Vampire 2011 locandinaLa storia attorno cui ruota Vampire è tanto semplice quanto dotata di piccoli sprazzi di piacevole originalità. Simon (interpretato da Kevin Zegers), un giovane insegnante di biologia particolarmente introverso, si ritrova a dover gestire una doppia vita a dir poco “scomoda”: in qualità di vampiro immerso nel mondo moderno, Simon è infatti costretto a rimediare sangue fresco da vittime umane. Rifiutandosi di regredire allo stato animalesco (probabilmente per il suo spiccato senso di giustizia personale), tuttavia, il giovane preferirà frequentare forum e siti di aspiranti suicidi, fare amicizia con loro e spingerli a compiere un suicidio insieme; con un’abile retorica, poi, Simon riuscirà a convincere le sue vittime (tutte donne) a seguirlo in un luogo isolato per aspirare il loro sangue e dar loro una morte dolce e indolore, facendo loro credere che farà altrettanto con se stesso subito dopo.

Il film, tuttavia, inizia in medias res, con una ragazza già ad attendere Simon in un luogo prestabilito senza che il regista dia ulteriori spiegazioni. Saranno la mente e l’occhio dello spettatore a ricostruire la storia man mano che scorre su schermo, ricomponendo il puzzle della vita di Simon ed esplorando la sua incredibile e taciturna personalità. In circa 120 minuti, Vampire stravolge letteralmente la figura del vampiro tradizionale, dandogli uno spessore e un senso etico coerente e convincente dall’inizio alla fine.

Dimenticatevi, però, una struttura narrativa lineare e prevedibile: il punto di riferimento di Shunji Iwai è indubbiamente il Cinema Moderno, un punto che toccheremo a breve quando affronteremo il tema della regia.

 

Il Vampiro che non ti aspetti
Simon è diverso da molti vampiri che siamo stati abituati a conoscere
I punti di riferimento artistici del regista giapponese, tuttavia, si vedono già dalla costruzione narrativa e dall’ideazione dei singoli personaggi, prima ancora che dalla regia. Come già accennato, infatti, la storia ruota intorno a Simon, ma non nel senso che siamo stati abituati a vedere nel Cinema dei giorni nostri: salvo pochissime eccezioni, non c’è una singola scena del film in cui il protagonista non sia presente, e l’occhio del regista lo segue sempre con maestria ovunque egli vada, rendendolo letteralmente il cardine e la leva dell’intera pellicola.

Ciò, immaginiamo, ha richiesto uno sforzo attoriale considerevole per Kevin Zegers, la cui esperienza sul set arriva almeno fino all’ormai lontano 1995. Qualcuno ha criticato la sua quasi totale assenza di linee di dialogo nel corso del film, ma ciò non toglie che l’interpretazione di Zegers sia stata a dir poco straordinaria, così come la scrittura del suo personaggio: Simon è un uomo solitario, malinconico, che riesce a dire più di sé senza una parola di quanto riuscirebbe a fare con decine e decine di linee di dialogo, cosa che avrebbe probabilmente vantato in un film artisticamente più “attuale”.

 

Simon, schiavo dei suoi sensi, è ben altro che un semplice maniaco, dotato piuttosto di un fortissimo senso etico

 

Ben presto ci si rende conto che il vampiro di Vampire è diverso da molti dei vampiri che siamo stati abituati a vedere sul grande schermo: pur essendo dotato di un certo fascino tra le donne (e non solo), il suo carisma quasi assente lo rende un personaggio misterioso, e il suo sguardo spesso vuoto, indagatore e malinconico è indice di una personalità combattuta tra il giusto e lo sbagliato, tra il tentare di sopprimere un istinto quasi ferale e la consapevolezza che riuscirci sarebbe impossibile. Immaginiamo che Simon abbia ormai superato da un pezzo il momento della sua vita in cui scopre di essere un vampiro, e che sia stato costretto a trovare un equilibrio tra il suo personale senso di giustizia e i bisogni a lui richiesti dal suo corpo.

 

Vampire film 2011

 

Il protagonista di Vampire è il personaggio attorno cui ruota l’intero discorso filmico
Meraviglioso, in tal senso, il monologo da lui rivolto a una delle sue studentesse, in uno dei momenti più intensi del film: Simon, un vampiro insegnante di biologia, è ben cosciente di essere schiavo dei suoi sensi, e non vuole che una persona cui è fortemente affezionato soccomba di fronte a essi. Simon, uomo dalla doppia vita, è ben altro che un semplice maniaco con una forma di devianza mentale, anzi: in una scena del film particolarmente cruda, il suo sdegno per un gesto maniacale compiuto da un conoscente è già abbastanza per comprendere quanto il protagonista abbia costruito un proprio senso di giustizia, una propria morale, una propria etica; un’etica che lo accompagnerà dall’inizio alla fine della pellicola, vacillando soltanto in pochissimi istanti. È evidente, a un certo punto, che Simon è un uomo solo, e il suo partecipare a una singola serata di ritrovo tra appassionati di vampirismo è indice del suo bisogno di trovare un posto nel mondo in cui è immerso.

La diretta conseguenza di un tale ruotare intorno a Simon è che i personaggi che lo circondano (salvo una, rarissima eccezione) sono appena accennati. Una tale scelta narrativa, tuttavia, non deve stupire affatto in un contesto del genere: in questo modo e seguendolo costantemente per buona parte del film, lo spettatore è portato a empatizzare più per Simon che per gli altri personaggi, a immedesimarsi, a calarsi nei suoi panni e a comprendere il suo disagio, che spesso si manifesta nei momenti di intimo silenzio e solitudine vissuti dal protagonista. Gli altri non sono che uno schizzo appena abbozzato, una macchia insignificante nella vita del vampiro; e in questo modo, Vampire costruisce uno di quei personaggi che difficilmente sarete in grado di dimenticare.

 

 

Il film che non ti aspetti
Il lato registico di Vampire è una piacevole sorpresa
E il discorso filmico del film di Shunji Iwai non è certo dalla qualità minore rispetto al resto degli elementi: eccezion fatta per un paio di scelte di macchina particolarmente virtuose e quasi gratuite, ogni inquadratura di Vampire parla quanto la sceneggiatura stessa, e solo l’occhio più attento sarà in grado di leggere nell’occhio del regista tutti quei dettagli che, in alcuni casi, sono persino in grado di anticipare gli eventi che verranno. Come accennato di sfuggita, il riferimento diretto di Shunji sembra essere il filone del Cinema Moderno, anticipato nel 1941 da Quarto Potere e portato alla sua massima espressione nel periodo immediatamente successivo la Seconda Guerra Mondiale. La scelta di un protagonista quasi disagiato, privo delle classiche caratteristiche dell’eroe classico, è già indubbiamente un ottimo punto di partenza, ma il tutto viene enfatizzato da uno stile registico impeccabile: inquadrature che mettono in campo l’occhio del regista insieme ai personaggi, sguardi in macchina, una particolare concentrazione sui tempi morti e una predominanza del silenzio (sebbene la colonna sonora orchestrale, composta dallo stesso Shunji, sia di eccelsa fattura) fanno di tutto per dare forza al discorso del regista e alla sua capacità di costruire significato, spesso distogliendo l’attenzione dalla storia.

Vampire è una sorpresa fin dalle prime inquadrature, tra le quali figura un meraviglioso campo lungo sulla “prima” delle vittime di Simon che prosegue in piano-sequenza finché la coppia non entra nell’auto. La posizione della macchina da presa è spesso stramba e imprevedibile, a volte rovesciata e a volte persino ruotata di 90°, e per quanto questo possa sembrare un virtuosismo inutile non c’è dubbio che il vero scopo sia quello di mostrare le capacità del mezzo cinematografico, di azzardare sul piano registico per costruire significati senza dover necessariamente interpellare la sceneggiatura. La bellezza di alcune inquadrature è indiscutibile, e a tal scopo è senz’altro rilevante il fatto che Shunji ricopra anche (tra le altre cose) il ruolo di Direttore della Fotografia.

 

Vampire 2011

 

E, arrivati alla fine, quando tutte le nostre certezze sulla realtà e sul film crolleranno ancora (per l’ennesima volta, un richiamo al Cinema Moderno), sarà chiaro un semplice concetto: il vampirismo di Simon non è che un pretesto per parlare di molto altro, spaziando dal disagio giovanile al suicidio e passando attraverso l’integrazione, la necessità di trovare un proprio posto nel mondo, il bisogno di trovare anzitutto un proprio mondo. Con eleganza e una potenza drammatica con pochi eguali, Vampire non è un semplice film sui vampiri: al suo interno c’è molto altro, molto di cui si preferisce non parlare, molto che si tende a evitare. Potrà non essere il capolavoro indiscutibile (e indubbiamente più lineare) che è Only Lovers Left Alive – Solo gli amanti sopravvivono (2013), e certamente potrà non averne la poesia; ma il film di Shunji non ne ha sicuramente bisogno.

Vampire destabilizza, scuote, schiaffeggia in volto lo spettatore più volte senza preoccuparsi delle conseguenze. Il messaggio è chiaro: se cercate un Cinema facile, fareste meglio a cercare altrove.

 

  • Formato: Blu-ray, Edizione limitata, PAL
  • Audio: Italiano
  • Lingua: Italiano
  • Sottotitoli: Italiano
  • Regione: Regione B (Maggiori informazioni su Formati Blu-ray.)
  • Numero di dischi: 1
  • Studio: Koch Media
  • Data versione DVD: 23 mar. 2017

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