Redazione ILVG

ILoveRetro Retrocensione: Super Ghouls ‘n’ Ghosts

Negli anni a cavallo tra ’80 e ’90, molte delle serie più apprezzate di oggi erano poco più che abbozzi, progetti con tante speranze e molti angoli da limare, sia nel gameplay sia nella difficoltà. Era un periodo in cui i platform andavano per la maggiore, e in cui l’età media dei giocatori era tale da permettere intense maratone, spesso alimentate più dalla frustrazione contro un titolo particolarmente difficile che altro. Tuttavia, in molti casi, i team di sviluppo già cercavano di limitare le situazioni frustranti e trasformarle in sfide legittime, dove l’abilità del giocatore era davvero l’ago della bilancia tra vittoria e sconfitta.

 

A qualcuno, però, di tutto questo non importava neanche lontanamente. Perchè addolcire la pillola, quando invece si può alzare ancora l’asticella della frustrazione? Ed ecco che Capcom, reduce dai successi dei Megaman Classici, decise di introdurre sul mercato qualcosa di simile, con ambientazione fantasy, e una difficoltà che sarebbe presto diventata l’incubo di tanti giocatori. Tutto questo era Ghosts ‘n’ Goblins, il primo e originale per NES. In questa retrocensione però ci limiteremo a parlare di quello che, probabilmente, è stato il primo approccio alla saga per molti: Super Ghouls ‘n’ Ghosts, il terzo capitolo e probabilmente l’esempio più rifinito e completo della triade originale. Si tratta inoltre del capitolo più “facile” della serie, il che è tutto un dire…

 

Salve, signore dalle strane mutande…
 

La premessa che introduce la vicenda di Sir Arthur ricalca ancora una volta i predecessori: la principessa di turno è stata rapita da un’entità malvagia, Sardius l’imperatore dei demoni, che prende il posto di Lucifer e Satan dei primi due capitoli. Nei panni dell’indomito cavaliere dalle strane mutande e dall’armatura scintillante, saremo chiamati a salvare il regno dall’assalto dei demoni, passando per i sei livelli che compongono il gioco. Ovviamente, oltre al fatto che il titolo introduca il tutto con una brevissima sequenza iniziale, senza più farne menzione se non sul finale, la dice lunga su quanto la parte della storia sia importante nelle vicende di Arthur. In questo, l’intera serie di Ghosts ‘n’ Goblins è estremamente fedele alla sua origine arcade, immergendo il giocatore fin da subito nel gioco con solo il minimo indispensabile di contesto.

 

L’intera serie deve molto all’originale arcade
E se questo non bastasse come indizio, l’evidente barra del punteggio, che campeggia in alto sullo schermo chiude definitivamente la questione. Se da una parte questo era comunque abbastanza normale per l’epoca (i manuali cartacei venivano inseriti apposta per fornire dettagli di trama e note d’atmosfera), nello specifico di Super Ghouls ‘n’ Ghosts e dei suoi predecessori il motivo era da ricercarsi anche nella feroce difficoltà dei giochi. Se oltre a morire frequentemente ci fosse stata anche la ncesessità di vedere nuovamente una sequenza animata, in molti avrebbero probabilmente abbandonato il controller dopo poco.

 

 

Gran parte di quei “molti” vorrebbe comunque averlo fatto…

 

“Se non altro ci vuole coraggio ad affrontare l’inferno in mutande…”

Un arsenale da quattro soldi
 

Chiariamo una cosa fin da subito: Super Ghouls ‘n’ Ghosts è tutto fuorché un brutto gioco. È difficile, al limite dell’antisportivo. È frustrante oltre ogni misura per certe scelte di design che a malapena erano giustificate nell’era NES, figurarsi con l’avvento dei 16 bit. È incessante, e costringe il giocatore a stare sempre all’erta in qualsiasi situazione. Tuttavia è anche un titolo complesso, che offre una sfida nel vero senso della parola.

 

Super Ghouls ‘n’ Ghosts espande il gameplay con incantesimi e doppi salti
A disposizione di Arthur, come nei predecessori, troviamo un arsenale di armi piuttosto vasto, ognuna dotata dei propri pregi e difetti. Si passa dalla lancia iniziale, ben bilanciata ma poco adatta a combattere le orde volanti dei capitoli avanzati, all’improbabile torcia, inserita col tempo in svariate classifiche delle armi più inutili nei videogame. Rispetto alle incarnazioni precedenti, tuttavia, nessuna arma è veramente inutile: se nell’originale Ghosts ‘n’ Goblins il pugnale era l’unico modo per finire il gioco, l’introduzione di tre livelli di armature e di poteri magici e attacchi caricati cambia radicalmente le cose. Oltre alla normale armatura, Arthur ha a disposizone una cotta di bronzo e una dorata, che permettono di potenziare i propri attacchi. Con il giusto tempismo è possibile scatenare una frusta infuocata su tutto lo schermo, fulmini o tempeste di lame con cui sgomberare temporaneamente la strada. In ogni caso, ogni armatura conserva la resistenza delle precedenti e un colpo è sufficiente a ridurre nuovamente Arthur in mutande. A quel punto, la carne è la prossima ad abbandonarci.

 

Da questo capitolo in poi, inoltre, si è consolidata la tradizione di inserire tra i potenziamenti anche uno scudo in grado di bloccare uno o più proiettili a seconda delle versioni, e di aggiungere il doppio salto alle meccaniche di gioco. A questo, però, è corrisposto un generale aumento della difficoltà dei livelli, e, cosa ancora più grave, si è scelto di mantenere la stessa identica formula dei predecessori, anche per quanto riguarda la longevità, col rischio più che concreto di annoiare i giocatori.

 

“Questa la vedrete spesso…”

La seconda è la volta buona…
 

L’intera saga di Ghost ‘n’ Goblins è un esercizio di pazienza e frustrazione
In molti forum odierni, la serie di Dark Souls è ricordata come il “Ghosts ‘n’ Goblins” dei giorni nostri a causa della difficoltà. Tuttavia, la differenza fondamentale è una: mentre nella serie di From Software al giocatore viene lasciato spazio di manovra, sulla scelta dell’equipaggiamento e sulle tattiche da utilizzare, la saga di Capcom ha un unico modo per procedere: andare avanti e sbatterci i denti a più riprese. Questo ancora di più in Super Ghouls ‘n’ Ghosts, dove il design stesso dei livelli diventa un feroce avversario con trappole ad ogni svolta. In più di una situazione i livelli sono mutevoli, da piattaforme che scompaiono a pendii che si formano sotto i nostri piedi, giusto per farci investire da un carro infuocato. Altre volte saremo chiamati a salti della fede nel vuoto, con l’incertezza se sotto di noi ci sarà una piattaforma o della lava. In questo nemmeno il doppio salto è d’aiuto, e anzi si rivela quasi un ostacolo visto che, una volta staccati i piedi da terra, non avremo alcun controllo sulla fase aerea.

 

Ma questo è ancora sopportabile, non è veramente nulla a confronto di uno dei capisaldi della serie: così come i precedenti, anche Super Ghouls ‘n’ Ghosts soffre del problema di una mancanza di salvataggi. Un retaggio della natura arcade del primo capitolo, che Capcom aveva rozzamente tamponato inserendo crediti infiniti nelle versioni console. Ma se nei primi due si poteva pensare a sviste, difficoltà tecniche o mancanza di risposte dei giocatori, in Super Ghouls ‘n’ Ghosts diventa chiaro come il sole che completare il gioco in un’unica estenuante maratona è uno sforzo pesante.

 

Sforzo che si raddoppia a causa dell’altro grave problema. Anche il capitolo SNES richiede che i livelli vengano affrontati due volte, prima di poter accedere al boss finale. Questo per recuperare l’unico oggetto in grado di danneggiare Sardius, che non appare purtroppo nella prima passata. Tanto per riportare il paragone iniziale, sarebbe come se in Dark Souls ci venisse imposto di ricominciare il gioco da capo, senza equipaggiamenti e a difficoltà aumentata, prima di poter finalmente chiudere questo masochistico capitolo della nostra carriera videoludica.

 

“…anche questa”

Musica dall’inferno
 

Una nota positiva, per fortuna, emerge proprio dalle note: la colonna sonora di Super Ghouls ‘n’ Ghosts, in parte riadattata dai predecessori, è sorprendentemente atmosferica e diventa presto parte integrante dell’esperienza di gioco. Ogni livello ha un suo tema portante, con un’intensità che va via via crescendo mano a mano che ci si avvicina al castello di Sardius.

 

Spesso e volentieri (e in particolar modo nell’area della foresta ghiacciata), la musica diventa ben più di un sottofondo atmosferico, ma anche un ritmo al quale sincronizzare i nostri movimenti. Certo, non sempre si tratta di un metodo efficace, ma il lato positivo è che nonostante la ripetitività delle tracce nei rispettivi livelli, si tratta comunque di brani ben sviluppati e piacevoli da ascoltare.

 

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