Spesso quando si parla di prodotti capaci di infiammare pagine su pagine di discussione, specie se il dibattito sopravvive per diverso tempo dopo l’uscita del titolo, si appioppa al titolo di turno la nomea di aver “diviso” il pubblico. E Life is Strange in più di un modo ha diviso: a causa della (ma in questo caso potremmo anche dire grazie alla) scelta di affidare la conclusione dell’avventura ad una scelta “secca” il secondogenito di Dontnod non solo ha scatenato fiumi di caratteri a sostegno di un finale o dell’altro, ma è riuscito a spaccare “matematicamente” quasi a metà l’utenza, con il 55% delle preferenze di chi ha giocato il titolo da una parte ed il 45 dall’altra.

Questa seconda puntata della nostra rubrica a quattro mani, come si intuisce dal titolo volutamente provocatorio, non poteva che essere quindi dedicata a Life is Strange: nel corso dell’articolo sviscereremo i due finali dell’opera, cercando di capire se davvero questo “finale migliore” esiste o si tratta semplicemente di un effetto ottico causato da flare sulla pellicola.

Nota: Come per lo scorso episodio, nel corso dell’articolo faremo ovviamente ampio riferimento a quello che accade nei cinque capitoli che compongono Life is Strange, in particolare ai due epiloghi possibili in Polarized. Se ancora non avete avuto modo di mettere mano al titolo il nostro consiglio è quello di mettere questo articolo nei preferiti del browser e tornare ad esperienza conclusa: per tutti gli altri vale invece l’invito contrario.

 

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The Butterfly Effect
Una farfalla batte le ali a Pechino e a New York arriva la pioggia invece del Sole

Ian Malcolm (Jurassic Park)
Life is Strange gioca molto sull’Effetto Farfalla…
Uno dei temi cardine (quantomeno sulla carta) che Life is Strange attraversa è la Teoria del Caos (titolo tra l’altro del terzo episodio), la cui “componente” più nota al grande pubblico è il famoso Effetto Farfalla. Cercando di semplificare il più possibile, secondo l’Effetto Farfalla una piccola variazione nelle condizioni iniziali produce (o potrebbe produrre) cambiamenti macroscopici nel comportamento di un sistema complesso: l’esempio classico, richiamato anche dal titolo Dontnod, è quello che vede una farfalla battere le ali e di conseguenza un tornado scatenarsi dall’altra parte del mondo. Ed in Life is Strange man mano che Max ricorre ai suoi poteri vediamo succedere degli eventi che apparentemente con le sue azioni non c’entrano nulla, nevicate fuori stagione, balene che si spiaggiano in massa ad Arcadia Bay e anche la comparsa di due Lune nel cielo (il tornado, come invece è chiaro alla fine, è legato al “battito” di Chloe).

…Ma c’è ampio spazio anche per la sua antitesi
La vita però è strana, e nel caso di questa seconda uscita di Dontnod vale anche il contrario, data la presenza di alcune scelte prive di conseguenze (che in diversi casi si capisce essere tali in modo praticamente sfrontato) che risultano marginali, se non ininfluenti, per la costruzione del racconto di Max. Si può decidere se esaudire il desiderio di morte della “Chloe alternativa” all’inizio del quarto episodio oppure lasciarla nella sua agonia, come si può affrontare la tempesta durante Polarized cercando di aiutare più cittadini possibili o attraversandola in modo “egoista”: cambia solo qualche parola nel diario di Max o qualche dialogo mentre si è dentro “l’incubo”, ma l’eventuale morte del pescatore causata dai cavi della corrente non innesca nessun cataclisma, come non succede nulla se si decide di risolvere il puzzle in modo da lasciare l’uomo in vita.

Obstacles
uno dei due finali nasconde un messaggio importante
Eppure, Life Is Strange tenta di mandare un messaggio ben chiaro. La vita, come accennavamo poco prima, è sicuramente strana, nelle sue scelte e nelle sue conseguenze; ma quale rapporto abbiamo noi con essa?

Analizziamo per un attimo il finale “sulla sinistra” di Polarized: “Sacrifica Chloe”. Dopo un dialogo che farebbe scendere una lacrima anche a un nazi-fascista, Chloe si rende conto di essere la causa di tutto quello che sta succedendo ad Arcadia Bay, con tanto di tornado annesso. In un momento di estrema lucidità, ella chiede a Max di tornare nel passato tramite un’ultima fotografia, ma questa volta la viaggiatrice del tempo deve scegliere volontariamente di non salvarla dalla pistola di Nathan Prescott. Solo così, infatti, Arcadia Bay potrà essere finalmente salva.


Per approfondire:
Life is Strange
Cosa succede se il giocatore sceglie questa opzione? Max torna indietro nel tempo al momento in cui ha fotografato quella splendida farfalla blu dell’inizio, e resta ad ascoltare mentre la sua migliore amica viene uccisa dalla follia del ragazzo più ricco della città. Prescott viene arrestato, e Max partecipa al funerale di Chloe, durante il quale la farfalla blu si posa per un’ultima volta di fronte agli occhi della ragazza, sulla bara di Chloe. Poi la farfalla vola via, e Max capisce che Chloe rimarrà sempre a guardarla da un’altra realtà.

A livello prettamente ludico, una scelta del genere annulla tutte quelle effettuate in precedenza. Max torna al momento in cui ha capito di aver ricevuto un potere straordinario, ma il giocatore non potrà più utilizzarlo fino ai titoli di coda; di fatto, annullando tutto ciò che era stato fatto nel corso del gioco. E, tuttavia, tra le righe ben chiare di questo finale si nasconde un messaggio un po’ più celato, un messaggio che sembra voler trasparire dalla storia degli sviluppatori e che fa pensare che questo possa essere il finale “più naturale”: Max, ormai consapevole che dovrà convivere con la morte della sua migliore amica, sembra aver capito che non è possibile cambiare il corso degli eventi passati.

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Il passato si può solo accettare: un trampolino di lancio per andare avanti
E la vita è strana, sì, ma è anche crudele: nonostante tutti gli sforzi che possiamo aver fatto, nonostante tutto quello che possiamo passare per tentare di aggiustare le cose e tutto il dolore che possiamo provare, non c’è modo di cambiare il passato. Vivere nei ricordi e nel rimpianto pensando al passato è un’arma a doppio taglio, forse perché Max resta costantemente concentrata sul rimediare ai propri sbagli piuttosto che sull’accettare di averli commessi. Qualunque cosa si possa fare per cercare di cambiare ciò che è stato, non esiste potere soprannaturale che possa darci la capacità di modificarlo per sempre; prima o poi “i nodi vengono al pettine”, e il passato torna a colpire con tutta la sua forza.

Ed è per questo che il finale col sacrificio di Chloe appare forse come quello “più naturale”, quello che la storia stessa richiede: pur annullando esplicitamente tutte le scelte effettuate dal giocatore nel corso dei cinque episodi, sacrificare la migliore amica di Max è l’unico modo che possa permettere alla protagonista (e a noi) di capire che non è possibile riscrivere il passato; ci si può soltanto concentrare sul futuro, e vivere gli eventi del presente.

E, allora, sì: la vita sarà stata strana e crudele con Max come lo potrà essere parecchie volte con ciascuno di noi, ma noi, nel nostro piccolo, possiamo soltanto “scegliere” di andare avanti, con uno sguardo rivolto al passato per assicurarsi di non ripetere gli stessi errori nel futuro; e questo è forse l’unico vero approccio che permette di “prevedere gli ostacoli attraverso la tormenta” [“Foresee obstacles through the blizzard”], per migliorare il proprio presente e i giorni dell’avvenire. Solo che, nel nostro caso, magari non avremo bisogno di sacrificare qualcuno.

Game theory
Il primo finale è più naturale anche a causa di alcuni “riflessi condizionati” da giocatore
Arrivati a questo punto, come detto, la sensazione è che il famoso finale migliore sia il primo, proprio perché più “naturale”. Tutti i tentativi di Max di cambiare il passato in modo rilevante (non ci riferiamo quindi alle scelte fatte ed eventualmente annullate nel corso dell’esperienza, ma ai riavvolgimenti più massicci fatti tramite le foto) hanno in pratica avuto l’unico effetto di generare sconvolgimenti nella realtà prima di essere “resettati” dalla ragazza stessa, suggerendo l’ineluttabilità della sorte e l’impossibilità di cambiare sul serio le cose senza conseguenze. Non solo, la scelta di sacrificare Chloe è in un certo senso la “più naturale” anche per Max, che non ha praticamente mai utilizzato i suoi poteri per se stessa (con l’eccezione dei primi tentativi dove ha “riparato” la macchina fotografica e dato una risposta corretta a lezione sentendola prima di riavvolgere) e li ha messi sempre a servizio degli altri. E considerato che ad ogni modo si ha tra le mani un videogioco, è molto probabile che chi controlla la ragazza abbia giocato assecondando il suo altruismo: riprendendo l’esempio del pescatore di Polarized possiamo affermare che la gran parte di chi ha affrontato quella sezione ha fatto in modo, almeno la prima volta, che l’uomo non morisse, risolvendo il puzzle in modo “corretto” dal punto di vista ludico. Un meccanismo volendo un po’ subdolo che approfitta di una certa “deformazione professionale” del pubblico cui Life is Strange si rivolge, ma sicuramente efficace, specie considerando che il finale “Sacrifica Chloe” è senza dubbio più elaborato dal punto di vista della realizzazione (se si sacrifica invece Arcadia Bay si assiste solo ad una breve sequenza dove Max e Chloe attraversano la città distrutta e poi si allontanano all’orizzonte).

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Bisogna tenere presente che il giocatore non è Max, per quanto possa essersi calato nella parte
Eppure, tutto questo non basta per decretare questo finale come “migliore”. Perché? Perché innanzi tutto il giocatore non è Max, ma la sta soltanto impersonando (o meglio, ne sta solo controllando alcune azioni). Per quanto la ragazza possa essere altruista e decidere di sacrificare la sua amica, la scelta finale non dipende da lei, dalle sue azioni e/o dal livello di “intimità” raggiunto con Chloe, ma molto più semplicemente a scegliere siamo noi visto che gli sviluppatori (sbagliando e barando, da un punto di vista meramente ludico, ma ad ogni modo mettendo il giocatore davanti ad un’altra scelta non semplice) hanno fornito l’opportunità. Arrivati a questo punto quindi inevitabilmente pesa, molto più di qualunque altro aspetto o delle considerazioni che si possono fare, la volontà del giocatore: sta a lui decidere se rassegnarsi al fatto che il cuore di Chloe debba smettere di battere per scongiurare il tornado, prendendo una decisione come detto “giusta” sotto più di un punto di vista, oppure decidere di regalare alle due un po’ di pace dopo le sofferenze patite nell’ultima settimana, forzando la scelta nell’altra direzione perché, in modo forse un po’ egoista, vuole vedere qualcosa che si avvicini almeno alla lontana al lieto fine dopo essere passato attraverso situazioni indubbiamente non semplici.

Polarized
quindi, Qual’è  il finale migliore (se c’è)?
Per quanto comunque il secondo finale analizzato sia, come abbiamo visto, più lontano dal personaggio e richieda una certa dose di individualismo per essere percorso, non è corretto parlare di “finale peggiore” o “finale sbagliato”: è semplicemente meno naturale e, se vogliamo, meno logico, ma per quanto ci si possa essere calati nei panni di Max nel corso dei cinque episodi che compongono Life is Strange bisogna tenere presente che alla fin fine si rimane comunque degli spettatori (più o meno) esterni, che possono decidere in modo autonomo una direzione o l’altra “polarizzando” quest’ultima decisione grazie (o a causa) all’assist fornito in questo senso dagli sviluppatori. Ed è proprio polarizzando la storia svoltando a destra o a sinistra, premendo quadrato o cerchio, che il giocatore decide quale finale sente più suo e, in definitiva, quale sia il migliore all’interno dei confini della sua esperienza. Come nella vita vera si può essere più riflessivi e fare la cosa “giusta”, quella che gli altri si aspettano, assecondando quel corso degli eventi che sembra voglia portare in quella direzione a tutti i costi. Oppure si può decidere che a volte la risposta corretta è l’egoismo, che ci meritiamo in barba alle conseguenze la possibilità di essere felici e sia quel che sia. In un senso o nell’altro comunque a decisione presa non si può più tornare indietro: la decisione è presa, la foto strappata, ed in entrambi i casi a Max restano (banalmente) solo le conseguenze ed il famoso “senso di colpa del sopravvissuto”.

E non importa quanto si sia combattuto per raggiungere quel risultato, quali vite si siano salvate, quali realtà si siano create o quante volte si sia tornati indietro per assicurarsi di aver fatto la scelta più giusta: alla fine, il tutto si riduce a una semplice scelta tra bianco e nero, senza sfumature al suo centro. Che si tratti di salvare Chloe o Arcadia Bay non fa davvero differenza: alla fine del quinto episodio Max sarà ormai cresciuta nei nostri cuori, con la sua personalità e il suo carattere tendenzialmente ribelle. Potrà sembrare che sia lei stessa a suggerire la risposta al “problema finale”, che sia il suo stesso essere a spingerci a scegliere; ma, se troveremo una risposta definitiva al finale di Life Is Strange, un giorno, lo dovremo soltanto a noi e al nostro cuore. Perché, alla fine dei cinque episodi, anche noi saremo cresciuti con Max, maturati con Max, e anche noi avremo imparato l’importanza di una scelta che non si può riavvolgere; e, se potremo dire di aver imparato qualcosa anche su noi stessi, lo dobbiamo soltanto a tutto quello che le due affezionate amiche, unite e rafforzate dal tempo e lo spazio, hanno saputo insegnarci nelle loro avventure, piene di una forza che neanche il tempo potrà mai a sciogliere.

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